Riportiamo il bel articolo, a firma di Chiara Semenzato, pubblicato sul n. 23 di Gente Veneta, riguardo la figura del cronometrista. Una figura poco conosciuta ma decisamente fondamentale per la buona riuscita di una manifestazione sportiva. Buona lettura
Il cronometrista è una figura fondamentale in molteplici attività sportive. E anche se oggi prevale la tecnologia, la sua presenza – dietro le quinte – è indispensabile
“Siamo invisibili e contiamo il tempo. Se non ci siamo, niente gare”
La figura del cronometrista, raccontata dal veneziano Riccardo Vettorello: “oggi più computer e meno lancette”
L’uomo solo con il cronometro in mano a bordo vasca o sul circuito di gara – figura tutto sommato romantica- non esiste quasi più. O meglio, è solo una piccola parte di un meccanismo molto più complesso che oggi si affida soprattutto alla tecnologia: chilometri di cavi, cablaggi, sensi, transponder, software, ledwall. Perché non di solo clic sul tempo ci si occupa, ma anche di elaborazione dati e classifiche, risultati in tempo reale, supporto per il commentatore e grafica tv.
Fondamentale in tantissime competizioni sportive, il cronometrista è in realtà figura sconosciuta ai più. “Sta dietro alle quinte, ma è un protagonista assoluto: se sbaglia lui è un disastro” dice sorridendo Riccardo Vettorello, 31enne vicepresidente dell’Associazione Cronometristi veneziana, storicamente guidata da Giuseppe Berton.
A parlare per l’associazione sono direttamente i numeri: 78 gli anni di attività, 66 i cronometristi operativi, 7102 le ore in gara nel 2017, 46 mila i chilometri percorsi. E, a ben pensarci, sono tantissimi gli sport in cui non si può fare a meno di chi prendere il tempo: il nuoto in primis – “che ci impegna davvero tanto sia in piscina che in mare aperto”, dice Riccardo – ma anche l’arrampicata sportiva, la boxe, i kart, le minimoto, i rally, il pattinaggio, la canoa, la vela, la voga, il ciclismo, i concorsi ippici. Calcio, basket ed atletica, invece, tendono a far da sé.
“Ho incontrato questo mondo – spiega Riccardo, ingegnere civile – nel 2007: facevo canoa e avevo già fatto un corso per istruttori. Poi l’associazione cronometristi ha organizzato a scuola, allo Zuccante, 5 o 6 lezioni per spiegare i rudimenti. Mi son detto: perché no? Davano anche i crediti… Ma devo essere sincero: a quel corso non ho capito proprio nulla”.
La passione per un mondo nascosto, “che sta dietro le quinte un po’ come piace stare a me” sottolinea, nasce poco a poco, “andando in servizio”, cioè uscendo per le competizioni sportive. “Mi ricordo benissimo la prima – aggiunge sorridendo di nuovo – era una gara di nuoto a Portogruaro: sono stato lì a leggere solo gli scontrini che uscivano dall’apparecchiatura dettando i tempi alla segretaria”. Non esattamente un battesimo del fuoco.
Più computer che cronometri. “Quando ho iniziato io però – aggiunge – la tecnologia che usiamo oggi era una novità. Oggi ci sono più computer che cronometri, ma la persona a bordo vasca con il cronometro in mano continua ad esserci. Perché non si sa mai, qualcosa potrebbe andare storto, potrebbe saltare la rete, rovinando così la giornata ad atleti che magari si sono allenati un anno intero solo per quella gara”.
Chiunque, uomo o donna, dai 16 ai 65 anni, può diventare cronometrista: basta seguire i corsi che l’associazione organizza una volta all’anno, superare un esame per diventare “allievo” e poi uscire tanto, imparare sul campo, affiancandosi agli “ufficiali”. Nel giro di 3 anni si può diventare direttore di cronometraggio. La tendenza è quella di specializzarsi in uno sport, per acquisire sempre maggiore sicurezza, ma c’è anche chi, come Riccardo, sa fare un po’ di tutto.
“Questo – spiega il vicepresidente – resta comunque un hobby da affiancare alla normale vita quotidiana. Bisogna avere un bel po’ di tempo libero, dato che si esce soprattutto nel fine settimana. Le ore di lavoro possono essere tante e c’è una buona dose di stress. Deve piacerti. Bisogna essere svegli, attenti e precisi. Conoscere la strumentazione e districarsi con la tecnologia. Ma è anche molto bello: quando si esce con la squadra ci si diverte molto”.
“Mi sono pagato gli studi”. Un’attività ideale, ad esempio, per uno studente. “Si impara tantissimo – dice – e permette anche di guadagnare qualcosa. Io in pratica mi ci sono pagato l’università. Ma fare il cronometrista ti insegna soprattutto a relazionarti con gli altri, a lavorare in gruppo, sotto stress, a trovare soluzioni rapide ai problemi, ad assumerti responsabilità. Tutte cose utilissime per un giovane”.
E poi c’è l’opportunità di vedere posti nuovi, ci sono i momenti di svago e, chissà, pure il brivido di conoscere i campioni… “No – sorride ancora Vettorello – questo proprio no. Anzi: al cronometrista non deve importare proprio niente del nome dell’atleta, deve essere super partes. Per me l’atleta è corsia 5 o numero 324. La mia soddisfazione è riuscire a certificare la prestazione, preparando il materiale nel modo giusto e organizzando bene il gruppo di lavoro”.
Insomma in tempi di iperprotagonismo, qui l’aspirazione massima è essere invisibile, perché se nessuno si ricorda del cronometrista, vuol dire che tutto è andato per il meglio.
Chiara Semenzato, da Gente Veneta n. 23 del 8 giugno 2018
Giorgio Chinellato, il “decano” dei cronometristi: “Attività formativa, che aiuta i giovani ad assumersi responsabilità”
La capacità di stare al passo ci tempi e di inventarsi anche soluzioni originali, come la struttura galleggiante dotata di transponder per le gare in mare aperto che si sono inventati i cronometristi veneziani, hanno portato l’associazione a lavorare spesso anche al di là dei confini lagunari. “A Venezia siamo fortunati – spiega Giorgio Chinellato, vicepresidente della Federazione Italiana Cronometristi (Ficr), che si definisce ridendo “l’eminenza grigia” del settore – c’è un tipo di ambiente particolare che aiuta i ragazzi a crescere in un certo modo. Li vedo impegnarsi, volenterosi, fare cose che io alla loro età mi sognavo. Sono contento perché con loro non solo porto a casa la gara, ma so di aver fatto anche del bene, di aver contribuito a farli crescere”.
Da sempre nel settore, già a 8-9 anni seguiva il padre a prendere i tempi, Chinellato è sicuro dell’alto valore formativo di questa attività. “I giovani hanno l’opportunità di andare in giro, di stare con persone adulte, di rapportarsi con altri mondi, quello dei giudici o degli atleti, per esempio, di assumersi ruoli di responsabilità, di provare lo stress e la tensione”.
A spingere, però, è solo la passione: oltre al rimborso spese, prendono un gettone di 5 o 7 euro e mezzo l’ora. Insomma, un modo per arrotondare. “Chi fa il cronometrista – conclude Chinellato – non ha manie di protagonismo, eppure ha la fortuna di vivere da dentro il mondo dello sport. E non di un solo sport, come un arbitro o un giudice, ma di 40-50 discipline diverse”. (C.S.)